Secondo il rapporto dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes), più di 37.000 specie aliene sono state introdotte dalle attività umane in tutte le regioni e i biomi della Terra.
Un decimo del totale è classificato come specie aliene “invasive” che rappresentano uno dei maggiori fattori diretti di perdita di biodiversità, insieme a distruzione e degradazione di habitat, inquinamento, prelievo di risorse biologiche e cambiamenti climatici.
Anche il Mar Mediterraneo costituisce uno scenario di arrivo di specie indesiderate provenienti da altri mari. Un esempio è rappresentato dall’ormai famoso granchio blu (Callinectes sapidus) originario delle coste atlantiche degli Stati Uniti, distribuito dal Canada all’Argentina. È probabilmente arrivato in Italia attraverso le acque di zavorra delle navi che, giunte a destinazione, scaricano l’acqua e la vita marina che hanno con sé.
In Italia le prime segnalazioni di granchio blu risalgono al 1949, come riporta Arpa Veneto, ma è solo da una decina di anni che questa specie ha cominciato a diffondersi in maniera esorbitante, supportata dai cambiamenti climatici. La sua capacità di adattamento all’ambiente, l’elevata fecondità e capacità di dispersione, le grandi dimensioni e il comportamento aggressivo giustificano il suo soprannome di “killer dei mari”. Basti pensare che il granchio blu sta mettendo a rischio la sopravvivenza di uno dei luoghi più importanti per la produzione di vongole in tutta Europa ovvero il Delta del Po, come affermato dal co-presidente dell’Alleanza delle Cooperative Pesca Paolo Tiozzo.
Il maggiore predatore di granchio blu è il polpo, seguito dallo squalo blu (noto anche come verdesca), branzini striati, anguille: tutte specie che sono vittime di overfishing, ovvero pesca eccessiva, che oggi conta anche tonnellate di pescato illegale.
Alla luce di ciò, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), ha deciso di avviare delle attività di studio per la valutazione di strategie di contenimento, raccolta e immissione sul mercato del granchio blu.
Una domanda, infatti, può nascere spontanea: vista la riduzione della popolazione di predatori naturali di granchio blu, perché non potrebbe essere l’uomo il suo predatore? Nei Paesi in cui il granchio blu è diffuso da tempo il suo consumo è normale.
Infatti, si è scoperto che tale crostaceo ha un elevato valore nutritivo essendo ricco di proteine e povero di grassi e calorie, il che lo rende un alimento che può essere inserito anche in una dieta ipocalorica. Inoltre, come tutti i granchi, anche quello blu si caratterizza per la presenza di acidi grassi polinsaturi, in particolare Omega 3, noti per il loro potere antinfiammatorio, antiossidante e antipertensivo, nonché ha anche un’importante presenza di vitamine e minerali.
Tra le iniziative di maggior rilievo in Italia per gestire l’introduzione e la diffusione del granchio blu ricordiamo il progetto UseIT il cui referente scientifico, il Dott. Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Cnr-Irbim) di Ancona, promuove l’utilizzo delle specie aliene in Italia, tra cui anche il granchio blu, come potenziale risorsa economica.
Nel contesto della messa sul mercato e del consumo di un nuovo alimento, è emersa la necessità di tutelare la sicurezza alimentare e, quindi, la salute umana. A tal fine, l’IZSVe in collaborazione con il MASAFD ha sviluppato un “Progetto di ricerca per la valorizzazione della specie alloctona invasiva Callinectes sapidus” che mira a valutare lo stato di salute delle popolazioni e la sicurezza igienico-sanitaria del granchio blu.
Nell’ottica della sostenibilità, il granchio blu può diventare non solo il protagonista di molte ricette, ma quello che resta del crostaceo può essere recuperato per produrre una polvere da sfruttare come fertilizzante in agricoltura proprio per la sua ricchezza di minerali, pratica già in uso in Tunisia. Inoltre, un’alternativa è l’estrazione dal carapace di chitina, un polisaccaride come la cellulosa che potrebbe trovare impiego nei settori tessile, cosmetico e farmaceutico.
È chiaro che combattere l’espansione numerica di specie infestanti come il granchio blu solo incentivandone la pesca a scopo di commercializzazione e consumo in cucina, non è da considerarsi la soluzione definitiva; lo step successivo, dunque, dovrebbe essere quello di risalire alle cause profonde della problematica chiedendosi per quali motivi l’ecosistema marino sia squilibrato e cercando di intervenire su di essi.
Si tratta, in questa ottica, di affrontare le problematiche ambientali con interventi sovranazionali se non globali volti a limitare l’impatto dei cambiamenti climatici sui mari e altri specchi d’acqua, offrendo la possibilità ai mari e agli oceani di ristabilire un equilibrio interno più sano.