Il pangasio (Pangasius hypophtalmus) è un pesce di acqua dolce della famiglia dei pesci gatto e proviene da allevamenti situati in VietNam, nel delta del Mekong.
Caratterizzato da carni bianche o rosa molto chiaro, con scarso sapore e soprattutto senza il tipico odore di pesce, il pangasio, in questi ultimi anni è diventato una delle specie d’acqua dolce più popolari sui mercati europei, sia per il prezzo molto competitivo rispetto ad altre specie più pregiate, quali il salmone, sia per la facilità di impiego in cucina, poiché è messo in commercio direttamente in filetti e senza spine. Per tali motivi il settore dove maggiormente si è diffuso questo pesce è la ristorazione collettiva, in particolare nelle mense aziendali e scolastiche.
Recentemente il pangasio è stato oggetto di attenzione da parte dei mezzi di comunicazione che hanno riportato notizie allarmistiche circa la salubrità e la qualità di questo prodotto e, inoltre, sono stati frequenti gli episodi di “truffa” in cui il pangasio era venduto come filetto di cernia, di merluzzo o di gallinella.
Il valore nutritivo di questo pesce è stato valutato in uno studio dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN)1, ed è risultato senz’altro inferiore rispetto alle specie ittiche normalmente consumate in Italia. È stato evidenziato un basso tenore in proteine (12.6-15.6 g %) e grassi (1.3-3.0 g%) a fronte di un alto contenuto di acqua (80-85 g%). La frazione lipidica è caratterizzata da un basso contenuto di colesterolo (21–39 mg %) ma mostra, tra gli acidi grassi, una prevalenza di saturi (41.1–47.8 % sul totale degli acidi grassi) rispetto ai più “utili” acidi grassi poliinsaturi (12.5–18.8 % sul totale degli acidi grassi) rivelando, in particolare, una carenza dei cosiddetti omega-3 riconosciuti come agenti di prevenzione di malattie cardiovascolari. È stato evidenziato, infine, un elevato tenore in sodio, dovuto probabilmente all’eccessivo uso di un additivo, il sodio polifosfato (E451), che viene aggiunto per migliorare la ritenzione di acqua da parte del prodotto al momento dello scongelamento e migliorarne la qualità.
Al di là di questi valori, ciò che solleva maggiori preoccupazioni per questi prodotti alimentari è la possibilità che possano contenere elevati livelli di contaminanti ambientali o residui di farmaci. Infatti il pangasio è allevato soprattutto nel delta del Mekong, un fiume che nasce in Cina e attraversa molti paesi del sud est asiatico (Cambogia, Laos, Thailandia) fino al VietNam dove finisce la sua corsa gettandosi nel mar della Cina. Questo fiume, che prima attraversava terre destinate unicamente ad attività agricole, attualmente è a rischio inquinamento a causa della crescente urbanizzazione di quelle aree e dell’incremento di attività industriali che negli ultimi anni si sono sviluppate in quei territori. In tali aree lo scarico di reflui carichi di metalli pesanti (cadmio e piombo), policlorobifenili (PCB), oltre all’uso indiscriminato di pesticidi, ha comportato un accumulo di questi contaminanti ambientali sia nelle acque che nei sedimenti del fiume con la possibilità che le specie ittiche allevate nelle sue acque possano bioaccumulare queste sostanze2,3,4.
Vi è inoltre il rischio che alcune sostanze farmacologicamente attive, il cui uso è bandito all’interno della Comunità Europea, vengano invece impiegate per i trattamenti veterinari negli impianti di acquacoltura in questi paesi asiatici. Queste sostanze comprendono in primo luogo il verde malachite, un colorante organico dotato di una potente azione antiparassitaria ma anche di un’attività mutagena e probabilmente cancerogena che ne hanno comportato il divieto di uso per i pesci di allevamento destinati all’alimentazione umana. Analogamente, a causa dei potenziali effetti tossici sulla salute umana, è stato vietato l’uso di antibiotici quali il cloramfenicolo e di sostanza antibatteriche quali i nitrofuranici.
Purtroppo nei Paesi asiatici, molto attivi nel settore dell’acquacoltura per produzione di pesce e crostacei, la situazione non è ben regolamentata per cui gli allevatori possono utilizzare qualsiasi sostanza farmacologicamente attiva, anche quelle vietate nei paesi comunitari e spesso in maniera incontrollata e indiscriminata. Tuttavia, pure in presenza di una regolamentazione esistente, l’assenza di un efficace sistema di controllo favorisce l’utilizzo di pratiche di allevamento illecite.
In Italia le importazioni di pangasio sono sottoposte a controlli ispettivi presso i Posti di Ispezione Frontalieri (PIF), come avviene per tutti i prodotti provenienti da Paesi terzi. Quando il pangasio giunge in Italia, oltre alla verifica della certificazione che accompagna il prodotto, i servizi veterinari effettuano il prelievo di campioni dalle partite e le inviano ai laboratori della rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali per la ricerca di residui di farmaci e contaminanti (metalli pesanti, PCB, pesticidi). In caso di esito sfavorevole in relazione alla non conformità e al rischio accertato, vengono intraprese misure sanitarie specifiche sulla partita interessata che possono andare dal respingimento alla distruzione. Nello stesso tempo viene attivato il sistema di allerta comunitario (RASFF) al fine di estendere le misure di controllo su tutte le partite della stessa tipologia e provenienti dal paese che le ha esportate.
In Campania il controllo dei prodotti della pesca provenienti da Paesi extra CEE è affidato ai due PIF dei porti di Napoli e Salerno. Nell’anno 2009, nell’ambito delle attività di questi due importanti scali commerciali, sono state controllate anche le partite di pangasio di origine vietnamita. Il pangasio, inoltre, al pari di altri prodotti ittici, rientra comunque nel gruppo dei prodotti alimentari che sono sottoposti all’attività di vigilanza e ispezione da parte dei Servizi Veterinari i quali presso depositi, grande distribuzione e semplici pescherie, effettuano prelievi di campioni da destinare agli Istituti Zooprofilattici. In questi laboratori sono eseguite le analisi di controllo chimico e/o microbiologico per stabilire la rispondenza ai requisiti di legge e quindi la salubrità del prodotto.
In totale, nel corso del 2009, sono stati inviati 27 campioni di pangasio, sui quali sono stati effettuati 96 esami chimico-tossicologici. Le determinazioni richieste hanno riguardato principalmente i metalli pesanti, piombo, mercurio, cadmio e cromo. Sono stati inoltre, ricercati residui di contaminanti ambientali (PCB e pesticidi) o di farmaci, sia consentiti (sulfamidici o chinolonici), sia vietati (cloramfenicolo o nitrofuranici). In nessun caso si sono avuti casi di non conformità alla normativa vigente in tema di sicurezza degli alimenti: per quanto riguarda i metalli, i livelli riscontrati sono tutti al di sotto dei limiti imposti dal regolamento CE 1881/2006, mentre le sostanze farmacologicamente attive, sono da considerarsi praticamente assenti.
In conclusione, se da un lato i risultati emersi dalle analisi chimiche offrono una garanzia di sicurezza per il pangasio e in generale, per gli alimenti di provenienza da paesi terzi, dall’altro, la riduzione progressiva delle attività di pesca in Italia e l’incremento delle importazioni di prodotti d’acquacoltura confermano la necessità di proseguire i controlli per l’accertamento della salubrità di questi alimenti.
Dr. Mauro Esposito
Dip. Chimica – IZSM Portici
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