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La contaminazione da metalli pesanti nei prodotti della pesca

 

Da:   Il Pesce nr. 3, 2007 nella rubrica “La pagina scientifica”

Il pesce costituisce una componente fondamentale dell’alimentazione degli italiani rappresentando una rilevante fonte di proteine, acidi grassi polinsaturi e micronutrienti; tuttavia l’uomo, attraverso il consumo di prodotti ittici, risulta esposto a diversi contaminanti in relazione alla qualità dell’ambiente da cui essi provengono. L’inquinamento delle acque marine è dovuto principalmente allo sviluppo delle attività antropiche che determinano l’immissione, diretta o indiretta, nell’ambiente acquatico di sostanze in grado di provocare effetti dannosi sugli organismi viventi e, di conseguenza, sulla salute dell’uomo; in particolare, esso dipende dai contaminanti trasportati in mare dai fiumi e dai bacini idrografici interni, lungo i quali insistono numerose attività industriali, agro-zootecniche e/o intensi fenomeni di urbanizzazione, mentre una quota significativa è dovuta all’immissione diretta, nelle acque costiere, delle discariche urbane e degli scarichi industriali (Focardi et al., 2001).

La valutazione del rischio tossicologico per l’uomo quale consumatore di prodotti ittici rientra nel più ampio discorso della sicurezza alimentare che è da tempo l’obiettivo per l’Efsa (European Food Safety Authority), incaricata dal Parlamento Europeo di svolgere una valutazione scientifica al riguardo, con particolare attenzione alle specie di elevato valore commerciale nell’Unione Europea quali salmone, aringa, acciuga, tonno, sgombro, trota e carpa. Oltre ai composti organici persistenti quali PCB, diossine, ecc… (Severino et al., 2006), anche alcuni metalli quali piombo, cadmio e, in particolare, mercurio possono destare preoccupazioni per il consumatore in virtù della loro capacità di bioaccumulare e biomagnificare lungo la catena trofica (Di Domenico et al., 2003) fino a raggiungere nei pesci predatori, come tonno e pesce spada, i più elevati livelli di contaminazione (Storelli et al., 2005).

Il piombo è un metallo molto diffuso in natura; esso è rilasciato nell’atmosfera dalle industrie di smalti e vernici, durante i processi di fusione dell’acciaio, di combustione dei carburanti fossili, e, fino a non molto tempo fa, della benzina. Viene immesso nell’ambiente acquatico a seguito del dilavamento superficiale del suolo, anche se il contributo maggiore è attribuibile alle deposizioni atmosferiche (fall-out). Il principale meccanismo che regola le concentrazioni di piombo nell’ambiente acquatico è l’assorbimento ai sedimenti o al particolato. Negli ultimi anni, l’assunzione di tale contaminante per via ingestoria è in corso di diminuzione a seguito delle misure preventive intraprese a vari livelli.

Per quanto riguarda il cadmio, è stato stimato che circa il 50% di tale metallo presente nel mare proviene da attività umane. Le principali fonti di contaminazione di origine antropica sono associate alle attività minerarie, alle industrie metallurgiche, all’uso di fertilizzanti prodotti con fosfati di origine minerale, alle industrie di vernici e smalti e alle industrie della galvanoplastica (Who, 1992). Nelle acque marine si riscontra abbondantemente la presenza di ioni cadmio che formano complessi piuttosto stabili con gli ioni cloro. I molluschi tendono ad accumulare il cadmio in quantità notevolmente superiori agli altri organismi; ciò nonostante la catena alimentare acquatica ha un impatto limitato per il consumatore, salvo casi particolari e abitudini alimentari speciali. Nell’ambiente acquatico il cadmio ivi presente viene trasferito dai sedimenti e si concentra specialmente nel fitoplancton, nelle macrofite e di conseguenza nei crostacei e nei molluschi. Nei pesci i fattori di accumulo sono più bassi e il metallo si concentra principalmente nel rene e in porzioni non edibili per il consumatore come le branchie e l’epatopancreas (Demirak et al., 2006).

Il mercurio è un metallo pesante la cui presenza nell’ambiente è sia di origine naturale che antropica. Gli effluenti più pericolosi sono quelli dell’industria cartiera e degli impianti cloro-soda. Negli ultimi decenni l’utilizzo industriale di mercurio, a causa della contaminazione della catena alimentare, è stato notevolmente ridotto, ad esempio nelle apparecchiature elettriche, nelle batterie e per usi farmaceutici. Sono stati, invece, completamente banditi gli usi agricoli del metallo. La sua presenza nell’ambiente, tuttavia, è stazionaria a causa dell’elevata persistenza nelle precipitazioni atmosferiche e nei sedimenti marini. Nell’ambiente marino, subisce la trasformazione in composti organici, come il metilmercurio, ad opera di microrganismi negli strati superficiali dei sedimenti. Il metilmercurio entra nella catena alimentare attraverso il plancton per passare, poi, attraverso gli invertebrati e i pesci situati ai più bassi livelli della catena trofica ai grandi predatori dove si rinvengono le concentrazioni maggiori. Le specie ittiche eliminano difficilmente il mercurio assorbito e i tempi di dimezzamento del metallo variano da 6 mesi per i mitili fino a 2 anni per il luccio. L’accumulo nei pesci è maggiore nel tessuto muscolare rispetto a quello adiposo e circa il 90-99% del mercurio presente nei pesci si trova sotto forma di metilmercurio, forma estremamente tossica del metallo (Ferrara et al., 2004).

La tossicità di piombo, cadmio e mercurio nell’uomo si manifesta principalmente a carico di rene, fegato e sistema nervoso; in particolare il metilmercurio se assunto da donne durante il periodo della gravidanza, compromette in maniera irreversibile lo sviluppo del sistema nervoso del feto (Counter e Buchanan, 2004; Kim et al., 2006). Considerando che l’uomo risulta esposto a tali metalli principalmente attraverso il consumo di prodotti ittici, risulta particolarmente importante verificare e/o contenere l’esposizione per l’uomo attraverso il controllo dei livelli di contaminazione dei prodotti della pesca. Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi di monitoraggio, relativi sia ad acqua e sedimenti che ad organismi marini come i mitili che, come è noto, hanno una particolare capacità di bioaccumulare sia metalli che altri contaminanti. I risultati del programma di monitoraggio degli ambienti marino-costieri di alcune regioni italiane (Arpac 2001-2006; Arpa Emilia Romagna, 2005) evidenziano come i livelli di contaminazione da metalli pesanti siano inferiori ai livelli massimi fissati dalla normativa vigente (Regolamento CE n. 1881/2006 del 19 dicembre 2006 che ha modificato il Regolamento CE n. 466/2001 e successive modifiche). Analisi compiute in molluschi (Nassarius reticulatus) provenienti dalla laguna di Venezia hanno evidenziato livelli di mercurio in un range compreso tra 0,3 e 1,3 mg/kg di peso secco (Berto et al., 2006). Studi effettuati in Patella cerulea e Mullus barbatus pescati nel mar Ionio volti a valutare la presenza di mercurio, cadmio e piombo hanno evidenziato livelli elevati soltanto per il mercurio, in un range compreso tra 0,31 e 1,50 µg/g di peso fresco (Storelli e Marcotrigiano, 2005). Analogamente, Licata et al. (2005) hanno riscontrato nel muscolo di tonno pescato nello stretto di Messina livelli di mercurio pari a 3,05 µg/g, superiori al limite massimo previsto dalla normativa vigente (Tabella n. 1).

Tabella 1 – Limiti di piombo, cadmio e mercurio in prodotti della pesca come da Regolamento CE n. 1881/2006 che modifica il regolamento CE 466/2001 e successive modifiche
Prodotto Tenore massimo (mg/kg di peso fresco) Criteri di campionamento e metodi analitici
PIOMBO
Muscolo di pesce (1) 0,30 Direttiva 2001/22/CE
Crostacei ad eccezione delle carni scure del granchio, della testa e del torace di aragosta e analoghi grossi crostacei (Nephropidae e Palinuridae) 0,50 Direttiva 2001/22/CE
Molluschi bivalvi 1,50 Direttiva 2001/22/CE
Cefalopodi senza visceri 1,00 Direttiva 2001/22/CE
CADMIO
Muscolo di pesce (1), escluse le specie elencate al punto successivo 0,05 Direttiva 2001/22/CE
Muscolo dei seguenti pesci (1): acciuga (Engraulis species), palamita (Sarda sarda), sarago fasciato comune (Diplodus vulgaris), anguilla (Anguilla anguilla), cefalo (Mugil labrosus labrosus), suro o sugarello (Trachurus species), luvaro o pesce imperatore (Luvarus imperialis), sardina (Sardina pilchardus), sardine del genere sardinops (Sardinops species), tonno e tonnetto (Thunnus species, Euthynnus species e Katsuwonus pelamis), sogliola cuneata (Dicologoglossa cuneata) 0,10 Direttiva 2001/22/CE
Muscolo di pesce spada (Xiphias gladius) 0,30 Direttiva 2001/22/CE
Crostacei ad eccezione delle carni scure del granchio, della testa e del torace di aragosta e analoghi grossi crostacei (Nephropidae e Palinuridae) 0,50 Direttiva 2001/22/CE
Molluschi bivalvi 1,00 Direttiva 2001/22/CE
Cefalopodi senza visceri 1,00
MERCURIO
Prodotti della pesca e muscolo di pesce (1) escluse le specie elencate al punto successivo. Il tenore massimo si applica ai crostacei, escluse le carni scure del granchio e quelle della testa e del torace dell’aragosta e di grossi crostacei analoghi (Nephropidae e Palinuridae) 0,50 Direttiva 2001/22/CE
Muscolo dei seguenti pesci (1): rana pescatrice (Lophius species), pesce lupo (Anarhichas lupus), palamita (Sarda sarda), anguilla (Anguilla anguilla), pesce specchio (Hoplostethus species), pesce topo (Coryphaenoides rupestris), ipoglosso (Hippoglossus hippoglossus), marlin (Makaira species), rombo del genere Lepidorhombus (Lepidorhombus species), triglia (Mullus species), luccio (Esox lucius), palamita bianca (Orcynopsis unicolor), cappellano (Tricopterus minutes), squalo portoghese (Centroscymnus coelolepis), razze (Raja species), scorfano del genere Sebastes (Sebastes marinus, S. mentella, S. viviparus), pesce vela del Pacifico (Istiophorus platypterus), pesce sciabola (Lepidopus caudatus, Aphanopus carbo), pagello (Pagellus species), squali (tutte le specie), tirsite (Lepidocybium flavobrunneum, Ruvettus pretiosus, Gempylus serpens), storione (Acipenser species), pesce spada (Xiphias gladius), tonno e tonnetto (Thunnus species, Euthynnus species e Katsuwonus pelamis) 1,00 Direttiva 2001/22/CE
1) quando il pesce deve essere consumato intero, il tenore massimo si applica al pesce intero.

Un forte accumulo (con fattore di concentrazione superiore a 10.000) di metalli pesanti è stato segnalato in molluschi provenienti dal golfo di Gaeta (Conti e Cecchetti, 2003). I risultati di Capelli et al. (2004), relativi ai livelli di metalli pesanti in specie di elevato valore commerciale pescati nel mar Ligure, hanno evidenziato un miglioramento della qualità del pesce rispetto agli anni precedenti. Studi di monitoraggio precedenti effettuati nel mare Adriatico avevano dato esito differente evidenziando il superamento dei livelli massimi fissati per piombo, cadmio e mercurio (Storelli et al., 2003; Storelli e Marcotrigiani 2001). Ricerche più recenti compiuti nelle acque del Mediterraneo hanno evidenziato che, tra tutte le specie analizzate, molluschi bivalvi e mitili sono quelle con i livelli di cadmio più elevati, pari a 0,14 e 0,13 µg/g rispettivamente, mentre nel pesce spada sono stati riscontrati i livelli più elevati di mercurio pari a 1,93 µg/g. Cozze e salmone, invece, mostrano i più alti livelli di piombo, corrispondenti a 0,15 e 0,10 µg/g, rispettivamente. L’assunzione di tali metalli è risultata comunque al di sotto dei rispettivi PTWI (Provisional Tolerable Weekly Intake) tranne che per il metilmercurio, per cui è stata stimata un’assunzione settimanale pari a 1,96 µg/kg di peso corporeo; tale dato si riferisce tuttavia soltanto ad adolescenti di sesso maschile (Falco et al., 2006). Le dosi settimanali tollerabili, vale a dire le quantità cui l’uomo può essere esposto anche per tutta la vita senza andare incontro ad effetti tossici manifesti, sono illustrate nella Tabella n. 2.

Tabella 2 – Provisional tolerable weekly intake (PTWI) di piombo, cadmio e mercurio
METALLO PTWI
Piombo 25 µg/kg p.c. (JECFA, 1993)
Cadmio 7 µg/kg p.c. (JECFA, 1989)
Mercurio totale 5 µg/kg p.c. di cui non più di 1,6 µg/kg p.c. per il metilmercurio (JECFA, 1972; JECFA, 2004)

In particolare, per il piombo è stato stabilito un PTWI pari a 25 µg/kg di peso corporeo; per il cadmio è stato fissato un PTWI pari a 7 µg/kg p.c.; e per il mercurio totale un PTWI pari a 5 µg/kg p.c.; mentre per la quota di metilmercurio, il JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) nel 2004 ha ridotto il PTWI da 3,3 a 1,6 µg/kg. Nella valutazione della sicurezza dei prodotti ittici, il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’Efsa ha riesaminato un’ampia gamma di contaminanti giungendo alla conclusione che quelli per i quali i grandi consumatori di pesce potrebbero superare la dose settimanale tollerabile provvisoria sono metilmercurio, diossine e PCB diossina-simili. In particolare, i livelli di metilmercurio più elevati rilevati nel tonno sono stati evidenziati nelle specie di dimensione maggiore come il tonno pinna-blu e tonno bianco (Efsa, 2005). Il metilmercurio, come accennato, è particolarmente tossico per il sistema nervoso e per lo sviluppo del cervello, dunque l’esposizione a questa sostanza durante la gravidanza e la prima infanzia è particolarmente dannosa. È improbabile che le donne in gravidanza che consumano fino a due porzioni di pesce a settimana superino la PTWI fissata per il metilmercurio, a condizione che non si consumi il tonno pinna blu o il tonno bianco.
Altri grandi pesci predatori contengono spesso elevati contenuti di metilmercurio tanto è che nel 2004 l’Efsa ha raccomandato che le donne in età fertile, in gravidanza ed in allattamento, nonché i bambini piccoli consumassero pesce senza dare particolare preferenza ai grandi predatori come il pesce spada ed il tonno. Le raccomandazioni sul consumo di pesce non possono prescindere, comunque, dall’esposizione alimentare complessiva ai relativi contaminanti, calcolata sulla media di modelli di consumo nazionali. Le autorità nazionali per la sicurezza alimentare forniscono un orientamento sulla specie e sulle quantità di pesce più adatte alla dieta.

Lorella Severino
Rosario Russo
Università degli Studi di Napoli Federico II


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