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Alimentazione e allergie. Consumo di pesce: come prevenire l’intossicazione da istamina

La molecola è presente anche in alcuni alimenti e, se la dose ingerita è eccessiva, può provocare una sintomatologia molto simile a quella di una forte reazione allergica. Una ricerca dell’Izs di Teramo pubblicata su Food Control fotografa la situazione della “sindrome sgombroide” un’intossicazione legata alla qualità e alla corretta conservazione del pesce dal peschereccio al punto vendita, fino alla tavola.

07 FEB – Viene comunemente chiamata “sindrome sgombroide” ed è un’intossicazione alimentare legata all’istamina nel cibo. L’istamina è una molecola presente naturalmente nel nostro organismo che svolge un ruolo importante nella mediazione dei processi immunitari e infiammatori. In alcuni casi, come sanno le persone che soffrono di allergia, può però contribuire alla comparsa di reazioni come asma, orticaria o rinite, anche in forma grave. L’istamina è presente anche in alcuni alimenti e, se la dose ingerita è eccessiva, può provocare una sintomatologia molto simile a quella di una forte reazione allergica.

Diversi cibi sottoposti a fermentazione microbica come formaggi fermentati, vino o birra possono contenere istamina, tuttavia i casi di intossicazione sono legati soprattutto al consumo di pesce. Bisogna specificare che i pesci vivi non contengono questa sostanza ma, una volta pescati, alcune specie batteriche iniziano subito a degradare l’aminoacido istidina: ne sono ricchi soprattutto tonno, sgombro, sarde, sardine e acciughe. Il risultato è la formazione di istamina, della quale, se la conservazione non è corretta, possono formarsi quantità notevoli capaci di rappresentare un pericolo per la salute.

Questo il quadro tratteggiato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo che, esaminando i dati raccolti in otto anni di controlli istituzionali eseguiti nella regione Abruzzo, ha svolto una ricerca pubblicata sulla rivista internazionale Food Control. Obiettivo evidenziare l’importanza delle corrette procedure di lavorazione e conservazione del pesce, dalla rete del peschereccio al punto vendita, fino alle nostre case.

“La nostra ricerca – spiega il dirigente chimico del reparto Bromatologia e Residui dell’Istituto, Loredana Annunziata, prima autrice del lavoro scientifico – ha preso in esame campioni provenienti da normali controlli istituzionali condotti dalle Asl sul pesce in vendita e campioni prelevati a seguito di segnalazioni dei cittadini, in alcuni casi per vere e proprie intossicazioni. Una volta individuati contenuti di istamina superiori ai limiti stabiliti dalla normativa europea, sono state rapidamente avviate tutte le procedure di controllo e tracciamento. Bisogna ricordare che i produttori hanno l’obbligo di legge di effettuare controlli rigorosi ai quali si aggiunge una sorveglianza continua da parte delle Autorità Sanitarie. Questo rende possibile supportare le aziende nell’implementare procedure di sicurezza sempre aggiornate e rispondenti alle necessità.

La ricerca – aggiunge Annunziata – evidenzia che anche il consumatore può fare molto per evitare che il pesce acquistato possa andare incontro alla formazione di istamina. Le chiavi sono due: il tempo e il freddo. Nel caso del pesce congelato dobbiamo sottolineare che il processo di degradazione dell’istidina in istamina può riattivarsi molto rapidamente. Per questo motivo andrebbe scongelato senza alterare la catena del freddo, quindi in frigorifero o immergendolo in acqua fredda, comunque non lasciandolo mai scongelare a temperatura ambiente. Non dimentichiamo poi che l’istamina è una molecola termostabile e una volta formata non verrà distrutta dalla cottura”.

Si può sospettare un’intossicazione alimentare da istamina se dopo aver mangiato pesce, di solito dopo circa 30 minuti, si manifestano sintomi come prurito su tutto il corpo, mal di testa, nausea, vomito e crampi addominali, spiega Giacomo Migliorati, Direttore Sanitario dell’Istituto ed esperto di sicurezza alimentare: “Nella maggior parte dei casi si cura con cortisone e antistaminici senza problemi. Lo studio condotto in Abruzzo dai nostri ricercatori ha preso in esame 2.305 campioni di tonno, acciughe, sgombri e sardine, da 303 differenti lotti: di questi solo 18 lotti sono risultati non conformi, con concentrazioni di istamina superiori al limite di legge, e complessivamente sono stati riscontrati solo 6 casi di intossicazione alimentare. La situazione non desta alcun allarme, tuttavia è utile tenere alta l’attenzione e sensibilizzare cittadini, produttori, addetti alla distribuzione e alla vendita sull’importanza della qualità delle materie prime, del mantenimento della catena del freddo e del rispetto delle buone pratiche igieniche durante i processi di trasformazione e conservazione: questi sono i fattori determinanti per il controllo della formazione di istamina”.

Fonte: Quotidiano Sanita

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